martedì 25 maggio 2010

AFRIKANATION 2009 Cap.1


Ed eccomi qua, con un tondino da 11mm dentro la tibia, ancora un po’zoppicante se vogliamo, a Dakar…è fatta, anzi è più che fatta, mi sono sparato anche due giorni relax nel Gambia! L’unica cosa che un po’ rimpiango sono alcune piste che avrei voluto fare in Marocco ma che non era il caso vista la mole della moto (circa 330 chili) e la mia povera gamba sinistra mezza malandata!
Però ora torniamo un po’ indietro, partiamo dall’inizio di questa avventura africana. Anche se la nave per Tangeri è sabato 28 novembre prendo ferie dal 25, devo preparare la moto e le ultime cose. Monto le gomme da enduro, hanno meno durata ma le ritengo più robuste e le strade che farò, per quanto asfaltate, non sono certo le statali italiane. Visti i tempi risicati non posso permettermi di dover aspettare giorni per la spedizione di gomme nuove in caso di usura o strappi, così mi porto dietro un treno di tubeless. È sicuro che i gommisti africani non hanno le misure che monta il Gs, quindi meglio prevenire. E poi non so proprio cosa succederà, potrei anche dover tornare indietro via terra. 15 chili in più, che sarà mai? Nei bagagli ci sono solo pezzi e chiavi per la moto, un compressore, un kit di riparazione, medicine, sacco a pelo, tenda, pochi vestiti (stavolta ho il sapone!) ma la moto sembra comunque quella di Ewan McGregor o di Charley Boorman all’epoca di Long Way Round. Però mi piace così. La sera prima sono un po’ teso, in fin dei conti sono sempre 5000 chilometri di Africa da solo. Tutto però svanisce sabato mattina alle 9 quando accendo la belva che con i suoi 53.539 km si accingeva a partire per raggiungere l’Africa Nera. Piove, le gomme nuove scivolano e ad ogni curva il peso della mukkona stracarica si sente e anche tanto! Per strada la gente mi scatta foto dalle auto che mi superano, forse sarò già su Youtube o su qualche pagina di Facebook. Incontro un solo motociclista, mentre mangio un panino ad un autogrill vicino Piacenza, è un Gs ADV come il mio nuovo e stralucido, ma dall’abbigliamento firmato BMW e dal modo che ha di guardarmi, deduco, magari sbaglio, che sia dell’altra categoria, forse un dentista. Il mio amico Stefano, convertito miracolosamente da H-D a BMW, un giorno mi disse candidamente: “bah…alla fine i BMWisti si dividono in due categorie, i dentisti e gli avventurieri veri…chi la usa la domenica per andare al mare e si polleggia davanti al bar con sta bestia che può girare il mondo e chi invece il mondo lo gira davvero…” e purtroppo ha ragione, ma il mondo è bello perché è (a)variato no? Basta coi commenti razzisti: c’è chi può e chi non può!…vado avanti…stavolta snobbo io il fighetto e riparto dopo un cenno di saluto. Arrivo al porto di Genova e senza difficoltà arrivo all’imbarco, c’è il solito casino ma con la moto mi porto avanti ed entro poco dopo. Pochi turisti, pochi camion preparati da deserto, si vede che non si va in Tunisia, solo dei Suv giganteschi che trainano carretti pieni di Quad, sono polacchi e la loro si chiama “Ice cool- Extreme expedition-MOROCCO WESTERN SAHARA 2009”. Penso che potrei aggregarmi a loro ma c’è tempo. Abbiamo 2 infiniti giorni di nave davanti a noi. Vorrei legare la moto io, ma stavolta gli operai mi sembrano attenti e li lascio fare. Salgo, le poltrone sono praticamente tutte occupate da marocchini che si sono stesi a dormire e già l’odore è Maghreb, ma poi sarà anche peggio. Faremo scalo a Barcellona, magari se sono veloce mi trovo un buco e non dovrò dormire per terra 2 notti. Spero solo non sia come per la Tunisia dove in tutta la nave c’era un solo bagno che dopo mezza giornata di onda lunga era diventato l’anticamera del girone dei golosi nell’inferno dantesco, con residui appesi alle pareti ad altezza uomo a causa del beccheggio. Meglio non ricordare, ma lì feci anche una doccia al ritorno, che eroe, che eroe! Stavolta però non mi posso proprio lamentare, la nave è ok e i 3 pasti giornalieri sono inclusi nel biglietto di 250 euro! Le giornate sono noiose e non vedo personaggi “dakariani” con cui scambiare informazioni, alla fine telefono e mando sms approfittando della linea Tim a bordo della nave.

BONNE ROUTE.

mercoledì 5 maggio 2010

AFRIKANATION 2009 Capitolo 0Bis


Questa volta l’Africa vera ragazzi, non le solite mete mediterranee da avventurieri della domenica (non me ne vogliate...), Africa Occidentale, Africa Nera. E si vede, e si sente che non siamo in Tunisia. Con questo non voglio dire che il Mediterraneo sia tutta una passeggiata, il nord dell’Algeria di questi ultimi anni non è proprio un gran bel posto dove infilarsi per noi occidentali, Libia ed Egitto invece hanno degli ostacoli burocratici che farebbero scoraggiare gente come Roald Amundsen. Fottute carte. Diciamo che Tunisia e Marocco rappresentano un’ottima offerta ad un prezzo ragionevole, ma è pur sempre Mediterraneo, casa nostra. Di sicuro, qui invece, il contatto con il continente è più esteso. Certo non è la Nigeria, ma non siamo poi così lontani. Il problema principale qui, per un viaggiatore non organizzato come me s’intende, a parte le malattie, i rapimenti, le continue guerre civili e colpi di stato che si alternano a ritmo di djambè, sono i documenti e la lentezza tutta africana nel compilarli, leggerli, controllarli e ricontrollarli e trascrivere il tutto su enormi libroni che mai nessuno leggerà. Tutto è lento, dilatato nel tempo, e guai ad innervosirsi, basta un cenno tra loro e ti ritrovi lì fino alla fine del loro turno, che dura almeno 10 ore. L’Africa, è un continente per viaggiatori che hanno tanto tempo, tutti gli occidentali che ho incontrato sulla strada sarebbero rimasti dai 4 mesi ad un anno, o addirittura per sempre. Che lavoro facessero era poi la domanda scontata, e tra pensioni, aspettative e disoccupazioni trovo parecchi che fanno lavori stagionali, barista, skipper, comandante di imbarcazioni, cuochi. Io, con i miei 23 giorni, ci faccio la figura del pirla, ma cosa vuoi, almeno sono qua e ci provo no?
Ma andiamo con ordine, la potrei definire romanticamente: “Storia di un amore”. Maggio 2002, con l’utilitaria di mia madre in 2 giorni, io ed un mio amico, arriviamo a Gibilterra, prendiamo la nave senza macchina ed andiamo a Ceuta, colonia spagnola in Marocco. È amore, è amore per quel qualcosa che sta laggiù, dietro quelle montagne, che mi chiama nel profondo e mi agita. Ho preso il mal d’Africa. C’è bastato poco, troppo poco. Tornerò.
Aprile 2004. Vado in Egitto con l’università, mi piace molto ma la sensazione più bella la provo ad Asswan, a sud. Non so cos’è, ma c’è, ed è a sud. Queste distese di nulla, queste terre aride ed inospitali mi affasciano. Il grande sud, il grande sud, non c’è altro da dire.
Gennaio – giugno 2006. Vado in Iraq per lavoro e me ne sto lì 5 mesi non facendo passare un tramonto senza fermarmi anche solo dieci secondi a contemplarlo.
Dicembre 2007. Mi faccio convincere dalla fidanzata ad andare in Marocco con l’Alpitour. Non c’erano alternative e comunque il viaggio va bene e la piccola compagnia assemblata sul posto è affiatata. Anche qui è il sud che mi attira, superato l’Atlante ti affacci ad un mondo nuovo, caldo, polvere, dromedari, le città di frontiera col Sahara.
Maggio 2008. Prendo la moto nuova e vado a testarla in Tunisia per 10 giorni, dove, tra gli altri, incontro gli amici di Tavolo 8, piccola ma agguerrita associazione umanitaria che si muove su degli infaticabili vecchi Range Rover. Trovo la moto in fuoristrada grandiosa, ma sulla sabbia non riesco ad andare, troppo pesante, ed io non sono molto capace. Cado in continuazione, ma dopo aver incontrato dei tedeschi con moto pesanti metà della mia, mi rendo conto di non essere il solo ad essere in difficoltà. Raggiungo comunque il “Cafè les portes du desert” ma retrocedo davanti alle dune di El Biben (20 metri di sabbia) e con la pista della “pipeline” raggiungo anche Ksar Ghilane, tenendomi, come un idiota, a qualche centinaio di metri dal comodissimo asfalto, ma il gusto della pista mi pervade. Il Grande Erg Orientale cazzo! Ancora questa strana sensazione, questa attrazione, curiosità, voglia di mettersi alla prova…non so proprio come definirla. Penso che ormai sia giunto il momento di spingersi più a sud. Torno in Italia. Al lavoro passo le pause pranzo e caffè a cercare mete interessanti e soprattutto alla mia portata. Scopro così che per attraversare il Sahara ci sono grossomodo 6 modi via terra: scendere lungo il Nilo e arrivare in Sudan, attraversare il deserto della Libia su sabbia, percorrere asfalto fino a Tamanrasset e poi piste e Niger, scendere lungo la pista di Tanezrouft dall’Algeria al Mali, la pista di Tindouf, tra Algeria e Marocco e poi Mauritania ed infine la Transahariana Occidentale che porta dritto in Senegal e Guinea passando per Marocco e Mauritania, e che (quasi) tutta asfaltata com’è fa proprio al caso mio e dei miei giorni di ferie. Nel frattempo parlo con i ragazzi di Tavolo 8 e soprattutto col presidente e ci organizziamo per fare qualcosa insieme, magari proprio il quella parte di Africa.
Giugno- dicembre 2008, me ne vado 6 mesi in Kossovo per lavoro e lì, nelle lunghe serate balcaniche, inizio ad organizzare tragitti e pianificare il viaggio. Mi studio percorsi “dakariani” per il Marocco ed il Sahara Occidentale, veloce asfalto per la Repubblica Islamica di Mauritania ed escursioni nell’interno del Senegal. Sembra fattibile. In agosto esce la notizia di un golpe in Mauritania, Nouakchott è in mano ai militari, ma stranamente non ci sono spargimenti di sangue. Penso, e spero che la situazione migliori prima della partenza. In internet sulla situazione politica poche notizie, sul viaggio, in italiano, ancora meno: un ragazzo l’ha fatto da solo nel 2005 con una Kawasaki Ninja e 2 con la Harley-Davidson da Milano nel 2007, basta. Perché allora io e la mia bella Mukkona 1200 Adventure non possiamo farlo? Torno a dicembre, tedio morosa ed amici con quella che sembra diventata un’ossessione (ma non era ancora niente)…Dakar…Dakar. Prenoto la nave per Tangeri per il 28 febbraio, le cose cominciano a girare, vado avanti con la trafila dei documenti, parlo solo di quello con tutti…Dakar…Dakar. Concesse le ferie, vedo i voli, prendo contatti con la Messina Line, spedizionieri, che mi porterà la moto da Dakar a Genova: fare 2 volte la stessa strada è assurdo, tanto più in Mauritania! Dakar…Dakar…Prenoto vaccini, patente internazionale, carnet de passage en douane (un documento doganale rilasciato dall’ACI, che poi tra l’altro in quei paesi non serve più). Manca ormai poco più di un mese alla partenza. Dakar…Dakar…Siamo pronti! …Se non che il 18 gennaio alle ore 15 e 25 circa la ruota anteriore della mia moto incontra sul suo cammino, a soli 35 km da casa, provenendo dal lago di Garda, il fatidico stato solido dell’acqua, altrimenti detto ghiaccio o “sono cazzi”. La moto se ne va e cappotta sul cordolo di una rotonda, io invece scivolo per una cinquantina di metri col culo finchè a fermarmi non ci pensa un bel cartello stradale. Sbatto con la tibia, lo stivale tecnico attutisce ma non impedisce al mio povero osso di uscire per ben 5 centimetri. Sinceramente, la prima cosa che penso? Cazzo…Dakar! E lo dico anche al primo che viene a soccorremi…che ovviamente manda a cagare me e Dakar. Da steso a terra cerco di tranquillizzare tutti che sto bene ma che non mi devono muovere né togliere il casco. Col telefono chiamo mia madre e dico che è tutto apposto e che “credo” la gamba sia rotta, anche se vedo il piede girato quasi dalla parte opposta. Spero di non avere un’emorragia, non tocco niente per paura di fare peggio. Chiamo Massimo, un mio amico, perché penso sia lì in zona, per chiedergli di venire a tirar su la moto, la calma con cui glielo chiedo gli fa pensare che sia uno scherzo del cazzo, ma purtroppo non è così. Alle infermiere del 118 dico di avere sicuramente una frattura scomposta, ma sorridono e non mi credono perché dovrei sentire più male, dicono, vabbè, io lì per lì non sono proprio convinto ma non si vede niente a causa dello stivale. Scoprirò invece in ospedale che non solo era scomposta ma che l’osso mi ha bucato tutti e tre i pantaloni, due dei quali in cordura imbottita! Freddo ed adrenalina hanno fatto un ottimo lavoro! Dakar…addio…Ambulanza, ospedale, intervento d’urgenza, una settimana di ricovero, 9 mesi a casa (si fa per dire…ovviamente ero di nuovo in sella alla mia vecchia R1150R più o meno un mese dopo l’incidente, stampelle legate dietro e via!) con un fissatore esterno e poi una sintesi endomidollare (un chiodo/tondino di 30 cm largo 11mm) dentro la tibia che mi hanno comunque consentito di percorrere 30mila km di Alpi e Appennini, nonchè di Pirenei e Asturie a cavallo della Mukkona 1200 messa a nuovo con 2mila euro dopo un paio di mesi!...Ragazzi quando c’è la scimmia non c’è niente da fare! THE MONKEY POWER HAS YOU.

AFRIKANATION 2009 Capitolo 0


Solo. Una squallida stanza, l’intonaco azzurro del soffitto scrostato che mi piove sul letto, le tende fetide e unte che si agitano davanti alla finestra rotta, il ventilatore che mi gira sopra la testa e che sembra che si stacchi da un momento all’altro, i rumori della camera accanto affittata solo per un’ora. Mi affaccio alla finestra, pochi metri sotto di me il brulicante e coloratissimo viavai di questa rue del centro dove si incastrano uno nell’altro decine di banchetti di chincaglierie di ogni genere, prima di buttarsi nella Place de l’Independance: odore di carne cotta, di fritto, smog, piscio e pesce marcio. Dakar, rue de le Malenfants. Una cosa penso però, ci sono poche mosche. Certo, non è proprio così che immaginavo la meta del mio viaggio, ma si sa, la vita è piena di sorprese. Un fresco vento da nord sta spazzando i viali della città vecchia tra turbinii di carte e sacchetti di plastica che si vanno ad infilare, danzando più leggeri delle foglie d’autunno, negli angoli più schifosi e maleodoranti dei vicoli. Nonostante l’impegno del cliente della camera vicina nel darci dentro, riesco comunque ancora a sentire le centinaia di taxi scassati che continuano a suonare il clacson. Qui il clacson serve un po’ per tutto, per svoltare, per salutare, per passare il tempo, per avvisare i passanti e cercarsi il lavoro, cosicché se si fa attenzione e si uniscono i suoni vicini con quelli lontani il rumore diventa pressoché costante. Tra un po’ sarà anche l’ora della preghiera, ed allora, forse, per cinque minuti ci sentirà solo la voce del muezzin dal minareto della moschea qui vicina e il mugugnare silenzioso del vicino di stanza, prostrato davanti a dio, proprio qui nel corridoio di questo hotel a ore. Non mi va di uscire, sono tornato da poco e i continui “assalti”, uno ogni 5 metri circa, ti stancano parecchio. Appena vedono un toubab, un bianco, per strada gli si buttano addosso cercando di vendergli qualsiasi cosa, dalle Mont Blanc false all’artigianato locale, dalle cinture in cuoio ai quadri di sabbia. Oppure solo per chiederti degli spiccioli, perché sei bianco e perché hai soldi. Ci ho provato a spiegare che i soldi me li guadagno lavorando, ma non credo abbiano capito. Donne, uomini e bambini, tutti a chiedere qualcosa, perché è un diritto per loro ed un dovere per noi. Mah…sono proprio stufo, questo pomeriggio me lo passo in camera. Ne approfitto perché penso sia arrivato il momento di buttare giù 4 righe per gli amici che non sono potuti venire con me.

BONNE ROUTE.