sabato 19 giugno 2010

INTERMEZZO ISPANICO!


SPAGNA - Castilla y Leon, Lago di Riano.

lunedì 14 giugno 2010

INTERMEZZO ALPINO!


Colle dell'Assietta (To), strada militare.

AFRIKANATION 2009 Cap.5bis


Verso Tata.

AFRIKANATION 2009 Cap.5


AHHHH…era ora! Che spettacolo! Ecco finalmente quello che cerco, terre desolate e polverose, acacie e montagne arse dal sole ai lati e il niente. Il niente che mi accompagnerà un po’ ovunque, salutandomi appena scorgo il profilo e le prime forme delle città e riabbracciandomi sulle interminabili strade verso sud. Tutti i cattivi pensieri se ne vanno e rimango solo con lui, il niente. Probabilmente la cosa più affascinante di tutto il mio viaggio. Il niente, che i Tuareg chiamano Tenerè, è davvero questo che cerco. Forse è proprio il niente che mi chiamava dal sud, il niente che mi attirava, che mi faceva battere il cuore come un ragazzino al solo pensiero. Il niente. Capisco non sia facile da spiegare, soprattutto a chi come me è abituato a vivere nel tutto, ma è forse proprio per questo che il niente mi affascina così visceralmente. Il niente, una distesa interminabile di rocce e acacie, il sole che tramonta davanti a te un po’ offuscato dalla sabbia, le prime ombre che si allungano sulle pendici delle montagne lontane, l’odore della sera ed il pensiero che torna a casa. Mi fermo, respiro fin nel profondo di me stesso questo profumo strano, insolito per noi occidentali, esotico, che ti assale di colpo e impregna i vestiti. È un odore secco, che emerge dalle sabbie di tutti i deserti del mondo e che provoca, ogni volta che lo senti, una sensazione particolare, quasi di ebbrezza ed eccitazione mista a qualcosa di vagamente simile alla solitudine o allo sconforto. Una sensazione che, credo, si possa trovare solo qui. Quando fermi la moto questo profumo si fa più intenso, tanto intenso che riesce ad entrarti fin dentro. E giunto nel profondo di te stesso fa svanire quella sensazione di solitudine che ti accompagna, ed allora il vento ti rilassa, ti solleva leggero portandoti con la mente laggiù, verso quell’orizzonte confuso e grigio, coperto ormai da polveri e nebbie, mentre un sole straniero ti scompare alle spalle, dietro dune lontane facendo diradare, veloci, le ombre sulla sabbia. Respiro il tramonto lentamente ma non riesco già più a distinguere il cielo, tutto intorno è grigio e calmo. Con gli occhi lucidi fisso per gli ultimi istanti il deserto, cercando risposte, cercando forse anche me stesso nelle sue immense profondità, nei suoi infiniti e orribili silenzi. Mi cerco, mi cerco ai margini del buio. Tra i cespugli secchi, tra i vortici di polvere, tra le buche scavate dal vento, tra le nuvole scure della notte; e quando lentamente anche queste forme nere spariscono nell’abisso, mi accorgo che mentre guardo il deserto, il deserto guarda me, muto. Mi scoppia il cuore, ingrano la prima e riparto. AFRIKANATION! Eccolo, è questo finalmente il mio viaggio.
Si fa tardi e con queste romanticherie rievocate dalla mia missione in Iraq, arrivo a Tata già col buio, errore da evitare accuratamente, vista la pericolosità delle strade africane, dove animali, persone a piedi, in bici, in motorino ed in auto sfidano la morte a fari spenti (o perché non li hanno), oppure dove ti ritrovi riporti eolici di sabbia o vere e proprie voragini sotto le ruote che a momenti ti staccano le frecce dall’insaccata che prendi. Comunque per ora, ma solo per ora, niente di tutto ciò e arrivo a Tata, cerco uno dei 2 hotel indicati nella guida e scopro che nessuno dei due ha il posto per la moto. Poco male, con 5 euro me la fanno mettere dentro il magazzino delle bibite con tanto di guardiano per tutta la notte. Hotel “La Renaissance”, lungo la strada per Akka, non male davvero dai, stanza un po’ rumorosa, ma mi basta. Ovviamente doccia fredda e di riscaldamento neanche a pensarlo, ma siamo in Africa no? Però la sera non è proprio caldissimo ed una coperta in più ci starebbe.

Monti dell' ATLANTE, Marocco -
Io e la mukkona effettivamente ancora troppo puliti! Neanche fossimo andati ad un aperitivo!

AFRIKANATION 2009 Cap.4


2 dicembre mercoledì. La mattina faccio l’ultima doccia calda di tutto il viaggio, due foto della mukka sotto la moschea di Kutubiya e parto alla volta del passo del Tiz’n Tichka, a 2260 m, per poi scendere nella valle del Draa e raggiungere Tata, tappa storica della Dakar. Continuo però a non essere convinto, saranno i posti già visti, sarà il rapimento, saranno i problemi burocratici che potrei incontrare alle varie dogane, sarà che sono solo, non so, l’unica cosa che so è che non sono spensierato come vorrei essere. Sulla strada non trovo neve per fortuna, mi dicevano che invece, più a est, verso Midelt, lungo il primo percorso pensato a casa, la neve già iniziava verso i 2mila metri, meno male che ho deciso di passare di qua, anche se non rivedere le celebri dune di Merzouga mi dispiace non poco. Ci tornerò “coi fioi”dai! Il paesaggio è quello classico dell’Atlante, montagne aspre non troppo alte, le cui rocce sono di colore rossastro, qualche valle più verde, ed un cielo azzurro intenso che sovrasta tutto. L’aria è fresca e sono felice di non aver tolto il pile dopo la sudata per uscire da Marrakech. Arrivo al passo, e qui inizia l’epopea dei souvenir. Penso che prendendone un po’ qua e un po’ là lungo il viaggio avrei fatto più felici tutti, piuttosto che portare a casa decine di collanine senegalesi che sono convinto si trovino anche in tutte le spiagge italiane. Finché faccio la foto di rito mi si avvicina un Mohammed qualunque (tanto qui si chiamano tutti così, ma questo lo disprezzo più degli altri, e quindi gli sta bene così) e mi dice che ha mal di testa e se posso dargli un’aspirina. Accetto, sapendo già che non me la sarei cavata così. Mi invita nel suo negozio per farmi il classico cadeau, un regalo, dice, per il mio buon cuore. Entro e comincio a gironzolare tra scaffali e banconi pieni chincaglieria inutile. Mi propone come regalo una classica collana di ematite e inizia a dilungarsi con mille altre cianfrusaglie, braccialetti, collane, orecchini e finti fossili, gli dico che non sono nuovo e che ho già tutto e scelgo poche cose che poi provvederò ulteriormente a decimare. Gli chiedo quanto vuole per tutto. Si mette a fare conti su conti e se ne esce con 170 euro. Lo guardo e mi vien da ridere, gli dico che è spropositato e che me ne sarei andato, tanto più che inizio a capire la storia dell’aspirina e l’opinione su questa persona mi scende sotto i piedi, altrochè mal di testa, dai conti che fa, ‘sto bastardo traditore sta meglio di me. Perdo un sacco di tempo, contratto, gli dico che sì e no gli lascio 10 euro per metà di quella roba se vuole, sennò arrivederci. Mi fa la sceneggiata napoletana, anzi, marocchina, e si attacca ai mali della figlia in punto di morte, alla moglie malata, alla casa pericolante e a tutto quello che può accadere a una persona. Faccio finta di credergli per decenza umana, anche se non mi piace, alla fine gli do 20 euro e oltre alle cose scelte mi faccio regalare qualcosa. Esco appiccicandogli sulla vetrata del negozio il mio adesivo. Fanculo davvero, non pensavo si arrivasse a tanto, invitami solo dentro no? non mi fare la sceneggiata del mal di testa facendo appello alla mia gentilezza e solidarietà. Te l’avrei data lo stesso l’aspirina io, magari tu no, ma io sì. Vabbè è un mercante arabo e si commenta da solo. Non riesco ad avvicinarmi alla moto e già un altro ci prova…gli do 3 pastelli portati per i bambini e anche lui mi invita nel suo negozio per “ringraziarmi”, ma stavolta non ho tempo e la storia dell’aspirina mi ha fatto infastidire. Mi fermo fuori dicendogli che un regalo non ha bisogno di essere contraccambiato, ed allora lui prende due piccole rose del deserto e me le regala. Altra pasta di commerciante. Lo saluto e me ne vado trovando intorno alla moto un po’ di turisti tedeschi a farsi le foto. Mi chiedono dove vado, se voglio farmi foto con loro, se sono solo…e perché la moto è così pulita! A me? No dico ho sentito bene? A me che la moto pulita sa di nuovo e di sfilata in lungomare? Che è stata pulita per soli 3 giorni dopo essere uscita dal concessionario! Però ha ragione…è davvero troppo pulita, gli rispondo che sono arrivato da 2 giorni e che comunque la strada fino a Dakar è lunga! Salvato in calcio d’angolo…si congratula per il coraggio e se ne va risalendo sull’autobus. Basta, devo ripartire, si sta facendo tardi e la strada è ancora lunga. Mangio una barretta, scolo una Red Bull e riparto. Solito paesaggio un po’ brullo e rossiccio. Scendo verso Foum Zguid, nella valle del Draa.

ASILLAH, Marocco - Scorcio della medina.

AFRIKANATION 2009 Cap.3


Lunedì, 30 novembre. Finalmente vediamo la costa africana, ma non saremo a Tangeri prima delle 16 e 30 (2 ore dopo il previsto). Prima di sbarcare saluto Vito, che si aggregherà ai polacchi, nella speranza di rincontrarlo e scendo nei garage, dove trovo Giorgio che prima di salutarmi mi fa mettere primo della fila così da arrivare primo in dogana e via verso l’Africa. Lo ringrazio di tutto. Sbarco e filo dritto alla dogana dove con 15 euro, passati sotto banco, in 10 minuti risolvo tutto. Assicurazione per soli 10 giorni, 60 euro!, e via verso sud. Questa volta non perdo tempo come in Tunisia dove per non dare 5 euro ad un tizio ho dovuto aspettare mezz’ora dal doganiere complice che mi chiedeva una carta che avevo consegnato poco prima alla polizia stessa. Farò tappa obbligata ad Asillah, piccola città, ex colonia portoghese, sulla costa atlantica a soli 45 km: è tardi. La notte incombe regalandomi il primo di decine di meravigliosi tramonti sull’Atlantico. Arrivo, guida alla mano. Posteggio privato con 30 dihram (3 euro) da Nadir, che parla solo spagnolo e camera all’Hotel Sahara poco fuori dal centro. Faccio un giro nella medina, molto carina, ma vorrei vederla di giorno. Mangio un pesantissimo cuscus alle verdure e la prima di infinite omelette, piene di proteine e abbastanza sicure data la cottura. Me ne vado a letto ma non riesco a non pensare al rapimento degli spagnoli. E di questo me ne parlerà anche il vecchio Nadir, la mattina dopo aver tirato fuori la moto sana e salva. Stiamo a vedere. In Italia, nessuno sa niente. Martedì 1 dicembre. Mi addentro nell’interno verso Meknes ma poi deluso dal paesaggio troppo rigoglioso e così poco “esotico” per i miei gusti e soprattutto pensieroso ritorno sulla costa e prendo l’autostrada per Marrakech: purtroppo devo scendere il prima possibile verso sud per poter poi decidere e casomai risalire in tempo utile per poter tornare a casa. Taglio parte del giro previsto a causa della neve nella zona di Midelt ma mi va anche meglio così. E poi il Marocco lo posso sempre rigirare con calma con un biglietto di nave a 400 euro a/r, magari “coi fioi”. Ho fatto bene a portare le gomme di scorta, mi daranno un’alternativa. Arrivo a Marrakech, più di un milione di abitanti, dove sono già stato, e cerco qualche hotel a pochi soldi con l’aiuto della mia guida Routard, giro un po’ in tondo ma alla fine l’Hotel de Toulusienne fa la sua comparsa dentro un cortiletto poco fuori della Medina, dietro il MacDonald’s. Non c’è posto per la mukka, non c’è guardiano, sono troppo stanco ed è troppo tardi per cercare un altro hotel. Contratto con il tizio della reception e con l’enorme cifra di 10 euro procuro alla mia amata un magazzino per la notte. Doccia e verso piazza Jama’a el-Fnaa (patrimonio UNESCO) a fare una piccola passeggiata nel suq più famoso e caratteristico del mondo, ad uso perlopiù dei marocchini. Superata l’enorme piazza, piena di incantatori di serpenti, portatori d’acqua, suonatori, ammaestratori di scimmie, tatuatrici berbere, mangia fuoco, musicanti e giocolieri entro nel intricatissimo groviglio di viuzze che si snoda tra centinaia di bancarelle e negozietti suddivisi in “settori”: le stoffe, i metalli, le pentole, le collane…vitalità e caos, pochi turisti, gente che corre da tutte le parti, gente che urla, tutto un casino…Marrakech, la città che ha dato il nome all’intero Marocco! Ma tra questi bellissimi scorci indigeni si nasconde anche l’altra faccia, quella dove il turista è il pollo da spennare. Mi abbordano di continuo, voglio souvenir? voglio ballare? Voglio magliette? Voglio collanine? voglio puttane? voglio la buonissima e rinomatissima marijuana del Rif? Mi seguono, mi si attaccano addosso, all’inizio sono riuscito a sfuggire grazie all’abbigliamento in linea col loro e al mio aspetto un po’maghrebino, ma poi una volta sgamato è finita, mi seguono per decine di metri mentre io ripeto “Laa, laa, shukran”, “no, no, grazie” per scrollarmeli di dosso ma è proprio dura. Per me che sono un italiano simpatico, questa frase è e sarà la più ricorrente, buon prezzo, francesi e spagnoli no buon prezzo, ma a me lo fanno buono perché sono italiano, e perché sono simpatico. Li mando via con gentilezza, facendo finta di abboccare alla storia della simpatia e nel frattempo ritorno verso l’hotel. Sulla strada del rientro, un po’ infastidito da questi ragazzotti appiccicosi dico anche che sono della Gendarmeria Italiana. Si dileguano, spero solo non tornino in forze a menarmi, ma ormai sono all’hotel. È colpa nostra se qui sono così. Ma poi, più a sud, sarà anche peggio.

AFRIKANATION 2009 Cap.2


Il giorno dopo, domenica 29 novembre, a sorpresa, incontro Vito, 47 anni, barista nelle discoteche estive e skipper saltuario, anche lui in moto, anche lui da solo, anche lui in Mauritania. Sembra fatta: trovato il compagno di viaggio, ma poi scopro che non siamo complementari, lui è un “dakariano” serio, non come me che vorrei solo esserlo, e se ne starà tra Marocco e Mauritania 4 mesi, con una moto proveniente dalla Parigi- Dakar, 60 litri di serbatoio, mille preparazioni tecniche e soprattutto con lui che è allenato e tutto intero senza chiodi nelle ossa. Peccato, mi avrebbe insegnato davvero molto vista la sua decennale esperienza transahariana tra Libia, Mali, Niger, Chad, Mauritania e via così. Scopro che è stato anche nel Tibesti, la magica regione al centro del Sahara. Peccato davvero non poter viaggiare con lui. Prima di pranzo mi chiama Davide, il presidente della Tavolo8: al Qaeda (che qui si chiama “Maghreb”) ha rapito 3 spagnoli di un’associazione umanitaria 130 km dopo Nouadhibou, in Mauritania, proprio lungo l’unica strada che collega questa città alla capitale Nouakchott. Quella strada che avrei percorso io da lì ad una settimana. Vien subito da pensare che forse non è il caso di andarsele a cercare proprio col lumicino e ne discuto con Vito, deciderò comunque più avanti, ma accuso il colpo. A mensa, a pranzo, mi avvicino al capo della sicurezza, Giorgio, per farmi una chiacchierata e dopo un po’ mi qualifico dicendogli, che se aveva bisogno di qualcosa, sarei stato felice di aiutarlo, spero anche che il vecchio detto “una mano lava l’altra” sia vero. Non passano sette ore e scoppia una rissa a mensa, a cena, dove marocchini inferociti tra loro si spintonano saltando parapetti e sui tavoli, è il caos, sono una decina ma c’è il putiferio. Intervengo per dividerli prima ancora che arrivi la sicurezza della nave. La situazione si calma dopo una mezz’ora e Giorgio mi ringrazia e mi invita a bere il caffé più tardi. Io e Vito nel frattempo andiamo a far visita ai polacchi, che mi avevano notato all’imbarco grazie alla bandierina polacca sulle mie valigie e stiamo un po’ con loro. Si discute e si beve, si beve e si discute. Spiaccico lì quelle due parole in croce di polacco che ricordo e ci divertiamo così tra brindisi all’Italia, alla Polonia e al Sahara. Ma non possiamo esagerare con l’alcool, Giorgio ci aspetta. Lo troviamo poi al bar. Dopo un po’ mi chiede se ho già compilato le schede per l’ufficio d’immigrazione marocchino e gli rispondo che l’avrei fatto l’indomani, invece si offre di consegnarle lui stesso lì per lì al poliziotto marocchino, a bordo così da farmi saltare tutta l’interminabile fila che si snoda ormai in tre locali della nave. Accetto volentieri e mi tiro dietro anche Vito abbastanza colpito e compiaciuto da questi magheggi all’italiana. Mi piaccio, va bene così. I marocchini della rissa capiscono che però c’è sotto qualcosa e mi guardano molto male, sarà meglio far perdere le tracce allo sbarco, sulla nave sono convinto che non mi tocchino, è territorio italiano ed io esercito le mie normali funzioni di ufficiale di pubblica sicurezza, ma quando toccherò terra sarò a casa loro, non ci penso. Chiacchiero con Giorgio e Vito e la serata passa allegramente ed i timbri sui documenti ci arrivano dopo neanche venti minuti.

MARRAKECH - Scorcio del suq.