lunedì 14 giugno 2010

AFRIKANATION 2009 Cap.2


Il giorno dopo, domenica 29 novembre, a sorpresa, incontro Vito, 47 anni, barista nelle discoteche estive e skipper saltuario, anche lui in moto, anche lui da solo, anche lui in Mauritania. Sembra fatta: trovato il compagno di viaggio, ma poi scopro che non siamo complementari, lui è un “dakariano” serio, non come me che vorrei solo esserlo, e se ne starà tra Marocco e Mauritania 4 mesi, con una moto proveniente dalla Parigi- Dakar, 60 litri di serbatoio, mille preparazioni tecniche e soprattutto con lui che è allenato e tutto intero senza chiodi nelle ossa. Peccato, mi avrebbe insegnato davvero molto vista la sua decennale esperienza transahariana tra Libia, Mali, Niger, Chad, Mauritania e via così. Scopro che è stato anche nel Tibesti, la magica regione al centro del Sahara. Peccato davvero non poter viaggiare con lui. Prima di pranzo mi chiama Davide, il presidente della Tavolo8: al Qaeda (che qui si chiama “Maghreb”) ha rapito 3 spagnoli di un’associazione umanitaria 130 km dopo Nouadhibou, in Mauritania, proprio lungo l’unica strada che collega questa città alla capitale Nouakchott. Quella strada che avrei percorso io da lì ad una settimana. Vien subito da pensare che forse non è il caso di andarsele a cercare proprio col lumicino e ne discuto con Vito, deciderò comunque più avanti, ma accuso il colpo. A mensa, a pranzo, mi avvicino al capo della sicurezza, Giorgio, per farmi una chiacchierata e dopo un po’ mi qualifico dicendogli, che se aveva bisogno di qualcosa, sarei stato felice di aiutarlo, spero anche che il vecchio detto “una mano lava l’altra” sia vero. Non passano sette ore e scoppia una rissa a mensa, a cena, dove marocchini inferociti tra loro si spintonano saltando parapetti e sui tavoli, è il caos, sono una decina ma c’è il putiferio. Intervengo per dividerli prima ancora che arrivi la sicurezza della nave. La situazione si calma dopo una mezz’ora e Giorgio mi ringrazia e mi invita a bere il caffé più tardi. Io e Vito nel frattempo andiamo a far visita ai polacchi, che mi avevano notato all’imbarco grazie alla bandierina polacca sulle mie valigie e stiamo un po’ con loro. Si discute e si beve, si beve e si discute. Spiaccico lì quelle due parole in croce di polacco che ricordo e ci divertiamo così tra brindisi all’Italia, alla Polonia e al Sahara. Ma non possiamo esagerare con l’alcool, Giorgio ci aspetta. Lo troviamo poi al bar. Dopo un po’ mi chiede se ho già compilato le schede per l’ufficio d’immigrazione marocchino e gli rispondo che l’avrei fatto l’indomani, invece si offre di consegnarle lui stesso lì per lì al poliziotto marocchino, a bordo così da farmi saltare tutta l’interminabile fila che si snoda ormai in tre locali della nave. Accetto volentieri e mi tiro dietro anche Vito abbastanza colpito e compiaciuto da questi magheggi all’italiana. Mi piaccio, va bene così. I marocchini della rissa capiscono che però c’è sotto qualcosa e mi guardano molto male, sarà meglio far perdere le tracce allo sbarco, sulla nave sono convinto che non mi tocchino, è territorio italiano ed io esercito le mie normali funzioni di ufficiale di pubblica sicurezza, ma quando toccherò terra sarò a casa loro, non ci penso. Chiacchiero con Giorgio e Vito e la serata passa allegramente ed i timbri sui documenti ci arrivano dopo neanche venti minuti.

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