lunedì 14 giugno 2010

AFRIKANATION 2009 Cap.5


AHHHH…era ora! Che spettacolo! Ecco finalmente quello che cerco, terre desolate e polverose, acacie e montagne arse dal sole ai lati e il niente. Il niente che mi accompagnerà un po’ ovunque, salutandomi appena scorgo il profilo e le prime forme delle città e riabbracciandomi sulle interminabili strade verso sud. Tutti i cattivi pensieri se ne vanno e rimango solo con lui, il niente. Probabilmente la cosa più affascinante di tutto il mio viaggio. Il niente, che i Tuareg chiamano Tenerè, è davvero questo che cerco. Forse è proprio il niente che mi chiamava dal sud, il niente che mi attirava, che mi faceva battere il cuore come un ragazzino al solo pensiero. Il niente. Capisco non sia facile da spiegare, soprattutto a chi come me è abituato a vivere nel tutto, ma è forse proprio per questo che il niente mi affascina così visceralmente. Il niente, una distesa interminabile di rocce e acacie, il sole che tramonta davanti a te un po’ offuscato dalla sabbia, le prime ombre che si allungano sulle pendici delle montagne lontane, l’odore della sera ed il pensiero che torna a casa. Mi fermo, respiro fin nel profondo di me stesso questo profumo strano, insolito per noi occidentali, esotico, che ti assale di colpo e impregna i vestiti. È un odore secco, che emerge dalle sabbie di tutti i deserti del mondo e che provoca, ogni volta che lo senti, una sensazione particolare, quasi di ebbrezza ed eccitazione mista a qualcosa di vagamente simile alla solitudine o allo sconforto. Una sensazione che, credo, si possa trovare solo qui. Quando fermi la moto questo profumo si fa più intenso, tanto intenso che riesce ad entrarti fin dentro. E giunto nel profondo di te stesso fa svanire quella sensazione di solitudine che ti accompagna, ed allora il vento ti rilassa, ti solleva leggero portandoti con la mente laggiù, verso quell’orizzonte confuso e grigio, coperto ormai da polveri e nebbie, mentre un sole straniero ti scompare alle spalle, dietro dune lontane facendo diradare, veloci, le ombre sulla sabbia. Respiro il tramonto lentamente ma non riesco già più a distinguere il cielo, tutto intorno è grigio e calmo. Con gli occhi lucidi fisso per gli ultimi istanti il deserto, cercando risposte, cercando forse anche me stesso nelle sue immense profondità, nei suoi infiniti e orribili silenzi. Mi cerco, mi cerco ai margini del buio. Tra i cespugli secchi, tra i vortici di polvere, tra le buche scavate dal vento, tra le nuvole scure della notte; e quando lentamente anche queste forme nere spariscono nell’abisso, mi accorgo che mentre guardo il deserto, il deserto guarda me, muto. Mi scoppia il cuore, ingrano la prima e riparto. AFRIKANATION! Eccolo, è questo finalmente il mio viaggio.
Si fa tardi e con queste romanticherie rievocate dalla mia missione in Iraq, arrivo a Tata già col buio, errore da evitare accuratamente, vista la pericolosità delle strade africane, dove animali, persone a piedi, in bici, in motorino ed in auto sfidano la morte a fari spenti (o perché non li hanno), oppure dove ti ritrovi riporti eolici di sabbia o vere e proprie voragini sotto le ruote che a momenti ti staccano le frecce dall’insaccata che prendi. Comunque per ora, ma solo per ora, niente di tutto ciò e arrivo a Tata, cerco uno dei 2 hotel indicati nella guida e scopro che nessuno dei due ha il posto per la moto. Poco male, con 5 euro me la fanno mettere dentro il magazzino delle bibite con tanto di guardiano per tutta la notte. Hotel “La Renaissance”, lungo la strada per Akka, non male davvero dai, stanza un po’ rumorosa, ma mi basta. Ovviamente doccia fredda e di riscaldamento neanche a pensarlo, ma siamo in Africa no? Però la sera non è proprio caldissimo ed una coperta in più ci starebbe.

1 commento: