mercoledì 6 aprile 2011



"Il viaggiatore, come una monade autosufficiente, ricusa il tempo sociale, collettivo e stringente, a vantaggio di un tempo individuale fatto di durate soggettive e istanti gioiosi voluti e desiderati. Asociale, misantropo, irrecuperabile, il nomade ignora la misura del tempo e funziona con il sole e le stelle, si istruisce con le costellazioni e il movimento degli astri nel cielo, non possiede orologi, ma un occhio animale esercitato a distinguere le albe, le aurore, le tempeste, le schiarite, i crepuscoli, le eclissi, le comete, gli scintillii stellari, sa leggere la materia delle nuvole e decifrare le loro promesse, interpreta i venti e conosce le loro abitudini. Il capriccio governa i suoi progetti in relazione ai ritmi della natura. Lui e il suo impiego del mondo, non conta nient'altro. Ecco perchè discende dagli esiliati e dai reietti. Quando si mette in strada, il nomade obbedisce a una forza che, sorta dal suo ventre e dal profondo del suo inconscio, gli dà l'impulso e gli dischiude il mondo come un frutto esotico, raro e dispendioso. Egli realizza il suo destino fin dai primi passi. Sulle piste e sui sentieri, nelle steppe e nei deserti, nelle strade delle megalopoli o nella desolazione delle pampas, nell'oscurità profonda o nell'aria attraversata da correnti invisibili, sa che l'appuntamento con la sua ombra è inevitabile. Non ha scelta."

da Filosofia del viaggio di Michel Onfray

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